Sfogliando distrattamente le pagine della cronaca milanese avrete avuto modo di leggere alcune notizie riguardanti le occupazioni abusive delle case, in particolare nei quartieri popolari della città. Quello che spesso viene riportato in questi articoli riconduce fondamentalmente a due elementi: da un lato la sfera criminale e dall’altro quella dell’immigrazione, che trovano la loro sintesi o nello sfruttamento di una da parte dell’altra o in rapporti di causa effetto fra le due.
Parlare di occupazione abusiva non è però così semplice, l’origine di questo fenomeno è di difficile svisceramento proprio perché si lega a quel tema molto più complesso che è il contenitore “casa” nella sua totalità.
Purtroppo a Milano, e non solo, risulta difficile rispondere a quella fetta di domanda abitativa che non riesce ad accedere agli affitti del libero mercato, solo una piccola percentuale di coloro che depositano il modulo per la casa popolare riesce a vedere realizzato il proprio bisogno. Gli altri non possono far altro che aspettare e, nel frattempo, inventarsi possibili alternative: chiedere ospitalità, vivere in condizioni di sovraffollamento con altre persone, stringere la cinghia e arrendersi agli affitti improponibili fuori controllo, oppure cadere nell’illegalità e occupare una casa, col rischio poi di non avere più la possibilità di ottenerla in modo regolare (Il regolamento regionale riporta infatti che gli occupanti senza titolo possono fare domanda dopo che siano passati 5 anni da quando non lo sono più). Ovviamente un’altra opzione alla casa c’è: la strada oppure le comunità di accoglienza, ma non credo che possano essere soluzioni accreditabili agli occhi di famiglie che vogliono rimanere unite nella normalità quotidiana, e con il termine famiglie intendo tutte le famiglie, sia italiane che straniere, che aspettano e sperano in questa normalità.
Possiamo estrarre due categorie da questa veloce riflessione: quelli che occupano abusivamente una casa e quelli che aspettano che una casa si liberi. Forse che i primi le rubino ai secondi? Questo potrebbe essere un collegamento mentale corretto se non vi fosse un terzo fattore da considerare: gli alloggi vuoti, lastrati e, quindi, disabitati. Non voglio parlare di numeri, voglio solo che andiate a fare un giro in una qualsiasi scala di un qualsivoglia quartiere popolare, come il quadrilatero di San Siro oppure la zona del Molise Calvairate; vedrete che non è difficile imbattersi in porte di ferro che si alternano a porte di legno, quasi a simboleggiare il vorticoso alternarsi di case senza abitanti e di abitanti che vivono in condizioni difficili, spesso nella paura che l’alloggio lastrato venga occupato da terzi. In effetti, questo è un elemento che non dobbiamo sottovalutare: l’insicurezza in cui vivono abitanti che si trovano ad avere vicino o di fronte un alloggio vuoto. Hanno paura di cosa potrebbe accadere. Hanno paura perché non c’è un controllo. Hanno paura e hanno ragione. Hanno ragione quelli che non hanno una casa a cercare un modo per vivere dignitosamente e hanno ragione quelli in lista di attesa a essere delusi e turbati dal funzionamento del sistema. Hanno tutti ragione. Le vittime hanno sempre ragione, specialmente quando fanno fatica ad avere strumenti o a utilizzarne dei propri per sopravvivere a questo mal funzionamento. Anche le case vuote sono vittime. E hanno ragione. Ma allora io mi domando chi ha torto? Chi sbaglia? Chi non riesce a elaborare un sistema virtuoso in cui sia la normalità poter pagare un affitto in linea agli stipendi reali? Chi è il carnefice? Forse è anche lui una vittima di questo meccanismo, ormai talmente malato che non si riesce più a gestire. E forse anche il carnefice ha ragione perché è tutto fuori controllo, a partire dalla stessa negazione indiretta e implicita del diritto alla casa che paralizza tutte le ragioni del mondo.
Lucia
lunedì 15 febbraio 2010
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