mercoledì 17 marzo 2010

STRANGERS LIKE ME

La sola cosa che sapevamo era che saremmo andate in Romania a far giocare dei bambini e dei ragazzi in orfanotrofio. Il resto era lasciato alla nostra immaginazione, o meglio al cliché che il pregiudizio generale aveva contribuito a creare. Rom, sporco, ladro, volgare, straccione, triste, denutrito. Insomma diverso.

Sarebbe ipocrita affermare il contrario, scrivere che ci siamo trovate davanti dei bambini in stile Mulino Bianco, ma sarebbe altrettanto sbagliato limitarsi alla prima apparenza. Dietro alle loro figure “non proprio amichevoli”, si nasconde un nome, una storia, un sogno, che non vedono l’ora di condividere con te. E più tempo trascorri con quei ragazzi, più comprendi che l’atteggiamento scontroso ma allo stesso tempo caloroso e travolgente, altro non è che il tentativo di ottenere l’attenzione e l’affetto di qualcuno che finalmente li ascolti. Ecco come diventano diversi da noi, ognuno con il suo passato triste e disincantato e con la sua capacità unica di farti sentire vivo. Non solo diversi per noi ma anche diversi tra loro. Sembra un gioco di caste: al vertice della piramide c’è Pandelica, il veterano del centro che tante ne ha subite e altrettante ne fa; seguono i fedelissimi che, oltre a spadroneggiare sui più piccoli, sfruttano i loro muscoli per far colpo sulle volontarie. C’è poi chi al regime si adegua entrando nella cerchia clientelare, o chi sopravvive a testa alta con furbizia e un pizzico di simpatia. Ma non tutti sono così “fortunati”, le discriminazioni non sono un privilegio di noi italiani: si contendono l’ultimo posto della piramide gli “sciupatini”con problemi fisici e i rom . Nell’orfanotrofio sono loro i diversi. Al di fuori del loro piccolo mondo tuttavia la gerarchia non esiste più, si fa di tutta l’erba un fascio. Ragazzo d’istituto in Romania significa reietto, criminale e fallito, pregiudizio che nell’immaginario italiano identifica il romeno tipo. Si dimentica troppo spesso però che chiunque può diventare oggetto di pregiudizio, i ruoli si ribaltano facilmente: all’inizio negli orfanotrofi non ci sentivamo più solo ragazzi ma italieni bugiardi, macaronari, adolescenti con soldi e famiglia venuti fin lì perché si credono superiori. E solo quando vieni bollato come diverso ti rendi conto di quanto siano insensate queste etichette e di quanto la diversità sia relativa. Sono bastate poche parole perché i copii cambiassero giudizio su di noi e noi su di loro. Lasciamo dunque a voi il compito di leggere la morale tra le righe. Cogito ergo sum diverso.
Giovanna Crippa e Sara Romanelli

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